Una breve premessa mi aiuterà a spiegare meglio cosa intendo per campi differenti di counseling e psicoterapia.

La teoria AT ci dice che il modo in cui di fatto pensiamo, sentiamo, ci comportiamo, ci emozioniamo – in altre parole, viviamo –  è strettamente legato al nostro copione, cioè a quella partitura dove noi stessi, senza rendercene conto del tutto, abbiamo scritto la nostra decisione su chi siamo noi.

Abbiamo scritto questa partitura sulla base dei nostri bisogni, che sono il contenuto del copione. Questo contenuto, nascosto, si manifesta attraverso i comportamenti visibili.

La psicoterapia concentra la sua azione sul contenuto di copione, sulla parte strutturale della nostra personalità.

Il counseling agisce invece sulla manifestazione del nostro copione, cioè sul processo di copione, che dipende anche dal modo in cui i nostri bisogni ci hanno guidato nello strutturare i nostri contenuti.

In altre parole: il contenuto e il processo di copione – e gli strumenti che li individuano – sono utilizzati sia dal counselor che dallo psicoterapeuta nel loro lavoro di diagnosi. La differenza sta nel luogo dove si concentra l’azione: il contenuto per lo psicoterapeuta, il processo per il counselor.

Nel counseling, dunque, il professionista conosce e si occupa del “là e allora” – campo di azione della psicoterapia – e questo gli serve solo a fini diagnostici, per capire le possibili implicazioni dei suoi interventi con il cliente. Il suo intervento tecnico, invece, si ferma al “qui e adesso”.