"Se solo i nostri occhi vedessero le anime invece dei corpi, quanto sarebbe diversa la nostra idea di bellezza"
Ti racconterò la storia di un bambino, che dalla madre ricevette un amore vero, sereno, specchio dell’anima di quella donna che diventando madre realizzò la sua felicità più compiuta. E in questo amore, il piccolo crebbe in un paradiso di giuste attenzioni, di gesti delicati, a volte decisi a segnare, all’occorrenza, il limite, sempre protettivo, mai coercitivo.
Questo piccolo bambino, così, aveva il meglio, sentiva il meglio, dava il meglio.
Quando il piccolo ebbe dieci anni la mamma si ammalò.
Le cose della vita, nonostante la gioia dell’essere mamma, chiesero a lei un loro crudele tributo, affaticandola, ritirandola dal vivere, deprimendola, togliendole in questo modo la capacità di continuare ad amare il suo bambino come lei avrebbe fortemente desiderato fare. Togliendo, quindi, al piccolo tutto quell’amore, di colpo.
È un senso di vertigine, quello che provò quel bambino a fronte di ciò.
Come quando si cade nel vuoto e si sente lo stomaco salire verso l’alto, i polmoni si chiudono tra lo stomaco che sale e la gola che li ferma e li schiaccia da sopra, il respiro si interrompe e la bocca si apre in cerca di aria. Non sapeva nemmeno, il piccolo, che in quei momenti avrebbe potuto anche desiderare di morire, di non esserci più. Sapendolo, lo avrebbe certo desiderato.
Piano piano, il piccolo si abituò alla nuova situazione e cercò, ogni giorno per anni, cercò ciò che gli era ferocemente stato tolto.
Ogni giorno.
Credere, ogni giorno, che si potesse fare qualcosa per far tornare tutto come prima. Inventare ogni giorno un modo nuovo per provare, per provarci, per non arrendersi, per sperare disperatamente che qualcosa potesse aggiustare ciò che si era rotto.
Ma, niente.
Poi, dopo giorni e giorni e giorni, comincio in lui a insinuarsi il pensiero che forse qualcosa che non andava lo aveva fatto, per meritarsi quella punizione. Perché questa era la peggiore delle punizioni: aver perso un amore così grande senza un motivo. Una cosa così non poteva certo capitare per caso. Forse non era più degno di quell’amore. O forse no, forse non aveva fatto niente di male, forse doveva solo continuare a provare e basta.
Ma sua mamma non era lì, come prima, vicino a lui per aiutarlo a provare.
Qui il piccolo, senza sapere tanto bene distinguere, descrivere, capire, senza più l’amore della sua mamma che, tra tutte le cose meravigliose che faceva, lo guidava nel capire, distinguere, descrivere, si trovò in una condizione, mai provata prima, che solo molti anni dopo ha potuto chiamare con un nome e un aggettivo che, pronunciati uno dopo l’altro, producono un suono che ancora oggi fa paura: solitudine profonda.
Il bambino imparò a stare da solo, a fare da solo, a curarsi da solo, a vivere e ad andare avanti da solo, a sentire la mancanza da solo, a sperare nel ritorno della vita da solo. Il bambino divenne poi un ragazzo, portandosi dentro quel senso di soffocamento al quale ha risposto come ha potuto, perso in un vuoto incolmabile, senza mai avere la pace di essere arrivato nel suo posto sicuro.
Il bambino è riuscito a diventare adulto, e non era scontato che ci sarebbe riuscito. Poteva andare male. Peggio, per fortuna, di quanto sia andata realmente.
Quella fatica necessaria per sopravvivere, da quel momento ha sempre fatto parte di lui, continua a fare parte di lui, continua a esserci. La sua storia continua a esserci.
Questo è un pezzo della storia di quel piccolo bambino a cui la vita a un certo punto ha tolto l’amore che lo avrebbe portato chissà dove, condannandolo da adulto, a una ricerca spasmodica dell’amore perduto, mai più ritrovato.
I momenti peggiori sono quelli in cui sa che quell’amore non tornerà con l’effetto di confondere le sue emozioni di bambino, che in quei momenti tornano a trovarlo, prendendole per quelle del presente.
E confonde oggi la mancanza di amore di allora con il presente, con quella che sente come mancanza di amore. E la sente davvero, oggi come ieri.
E come allora, si perde, si confonde e si ritrova di nuovo da solo.
E come allora, in solitudine, piange.
Chiedi info