Parlare consapevolmente di relazione educativa rende necessaria la puntualizzazione di pochi ma fondamentali concetti.

Partiamo dall’inizio.

L’esistenza di un individuo è l’arco spazio temporale all’interno del quale il soggetto ha il compito evolutivo generale di svilupparsi. In particolare, per realizzare al meglio questo compito, lo sviluppo deve essere caratterizzato da armonia tra i differenti elementi interni (sviluppo biologico e psicologico) e tra questi e gli elementi esterni (ambiente, contesto, cultura).

L’educazione e la pedagogia hanno un ruolo chiave nella nascita e nel mantenimento di questa armonia. A questo proposito, propongo di riferirci alle definizioni di educazione come l’insieme di elementi che regolano e guidano l’incontro tra le istanze interne e quelle esterne di un individuo e di pedagogia come la riflessione sul funzionamento di questo apparato regolatore.

Un ulteriore passaggio per definire con maggior precisione l’oggetto di cui vogliamo occuparci è di considerare il fatto che ciò che ha un effetto educativo sull’individuo è “qualsiasi cosa che produca e offra uno spazio allo sviluppo” ivi comprese le relazioni umane di qualsiasi natura.

Arriviamo dunque al nostro oggetto di lavoro, cioè la relazione educativa che, precisando di che cosa ci vogliamo veramente occupare qui, sta per noi a indicare la relazione educativa culturalmente posta, che comprende sia quella professionale (ad esempio insegnamento, formazione, consulenze pedagogiche, counseling, servizi educativi extrascolastici) che quella genitoriale.

La relazione educativa, per come sopra è stata definita, è dunque posta in essere in modo intenzionale e definito, in forma e contenuto, dall’ambiente culturale.

Quindi una relazione educativa consapevole considera che non solo non esaurisce in sé tutto ciò che ha valenza, funzione ed effetto educativo ma costituisce una componente infinitesimamente piccola dentro un mare magnum di elementi materiali e immateriali che di fatto hanno un effetto educativo.

Se chi ricopre o si sente investito di un ruolo di guida all’interno di essa non diventa consapevole di ciò, corre il rischio – purtroppo gli esempi sono quotidianamente sotto i nostri occhi – di assumere un atteggiamento onnipotente, autoreferenziale e prevaricatore che, nella migliore delle ipotesi, neutralizza e, nella peggiore, compromette le possibilità di sviluppo del soggetto cui si rivolge anzichè favorirle.

Molto spesso il soggetto è un bambino e questo rende gli adulti intorno a lui responsabili di acquisire ciò che serve a capire profondamente la portata del processo in cui essi sono coinvolti.