Che insegnamento possono avere i nostri ragazzi da una società dove gli adulti di riferimento, per non sentire la propria tristezza, adottano due modi:

spegnerla – con esperienze sedative

o

sostituirla “facendosi”:

di lavoro – invece di lavorare con passione

di prestazione – invece di provare a ottenere una buona prestazione

di certezze – invece di costruirsi con pazienza le proprie certezze

di coca…

Questa tendenza oggi è esasperata dalla pandemia.

In questo periodaccio, diciamo ai nostri ragazzi che sentirsi tristi è normale, che è una cosa di cui non ci si deve vergognare, che non va nascosta a tutti i costi, di cui si può parlare con le persone che ci vogliono bene. Si tratta solo di una cosa intima, la tristezza, che tutti abbiamo e che, come tutte le cose più intime, deve solo tenersi lontana dalla sovraesposizione dei social.

Forse dicendolo a loro, verrà più facile anche a noi.

Tutto qua.