La scelta di una conduzione a due orientamenti teorici differenti ci pone di fronte alla necessità di chiarire e differenziare per quanto possibile il punto di vista di ognuno, il modo di pensare e di porsi, nell’interazione con la famiglia.

Il lavoro con il giovane e la sua famiglia permette di incontrare e ascoltare entrambi i “fronti” implicati nella storia: come e cosa raccontano in relazione al motivo che li ha portati da noi.

Il ragazzo deve poter trovare uno spazio di espressione svincolata dal giudizio normativo e morale su quello che gli sta accadendo e su quello che fa: un ascolto interessato in prima istanza a comprendere, ancor più del cosa, come egli sente e vede la situazione e gli accadimenti all’origine dell’incontro con noi.

I genitori necessitano invece di esprimersi sulle preoccupazioni relative al comportamento del figlio e agli avvenimenti; di capire che significato ha quel che sta succedendo. La situazione di consumo del figlio li interroga inoltre sulla loro funzione genitoriale.

In sostanza ogni famiglia necessita una presa in carico personalizzata: come conduttori entriamo in contatto con un mondo e con un modo individuale, personale, di viverlo. Non conosciamo a prescindere quello che “ciò che accade” significa in quel momento nella storia personale e collettiva di quel nucleo. Non abbiamo in mente una soluzione o un percorso fisso attraverso il quale far evolvere le persone. Ci fidiamo per contro di quello che emerge nel colloquio con le persone stesse: esse ci dicono che cosa è importante per loro in quel momento.

 

Ascolto attivo e “Risonanza”

Stimoliamo i partecipanti a fidarsi e dare importanza, ancor più di quel che ci dicono (in modo razionale) verbalmente, di quello che eventualmente “sentono” a livello emozionale e corporeo mentre raccontano o ascoltano gli altri raccontare.

A nostra volta noi siamo in ascolto, oltre che del loro racconto anche delle sensazioni e delle emozioni che intuiamo in loro e che sentiamo in noi. Risonanza è la parola che definisce questo modo di stare in relazione. Siamo attenti a gesti, movimenti spontanei, parole, posture o altro. Tutto quello che ci mette sulla traccia di qualcosa che definiamo genericamente come “interessante”: qualcosa che attira immediatamente e spontaneamente la nostra attenzione per la sua qualità vitale. Che ci rende in maniera immediata completamente presenti

Siamo sulla traccia di ciò che emerge quando, in questo caso, parliamo della situazione di consumo. A di là del fatto puro e semplice, esaurito il racconto del quale non rimane granché da dire, ci interessiamo di persona a tutto ciò che, in modo anche inconscio viene a galla: vissuti personali, dinamiche psicologiche individuali e intra familiari, relazioni nel nucleo familiare, ecc.

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Eric Ward
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Il materiale in emersione, vista la sua qualità inconscia o preconscia, non soggiace alla nostra volizione, ma va assecondato. Indica il percorso, che si chiarisce man mano con la prospettiva del tempo. Si tratta di un processo, intimamente legato all’integrazione tra le dinamiche intrapsichiche e le esperienze del vivere, che non può dunque essere guidato “volontariamente dall’esterno”, ma risponde soprattutto a bisogni soggiacenti in parte ancora inconsci che vanno rispettati nella loro funzione di guida.

Insieme alla famiglia esploriamo e cerchiamo di dare significato a ciò che emerge, immaginiamo un cambiamento desiderabile e possibile verificando man mano quello che succede e come cambiano le cose nel nucleo familiare e per i singoli.

La comunicazione con la parte inconscia, che non può avvenire in modo razionale, deve avvalersi di altre forme di comunicazione come il pensiero divergente, la distrazione, la parola irriverente, e tutto ciò che potremmo dire si rivolge all’emisfero destro: “parlare a Tizio per far intendere a Caio” oppure “parlare a nuora perché suocera intenda”. In seduta abbiamo la possibilità di fare questo quando concretamente parliamo con un membro della famiglia indirizzando l’intenzione e il contenuto del messaggio ad un altro membro. O ancora quando ci comportiamo e diciamo intenzionalmente cose come se fossimo una coppia formata da un folle e da un saggio: distraendo, sorprendendo e poi riportando l’attenzione delle persone sul tema centrale o su quello che si presume debba esserlo.

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