Se devo indicare la cosa che immediatamente mi ha colpito di Rogers è la semplicità, pragmaticità e essenzialità della sua domanda di ricerca: quali sono le caratteristiche delle relazioni che aiutano veramente, che facilitano la crescita?

Al pari, colpisce la naturalezza con la quale risponde, la immediata comprensione delle sue risposte, formulate con una straordinaria capacità comunicativa e con un profondo rispetto del lettore, sempre in grado di “capire di cosa si sta parlando”. Solo da ciò sembra di intuire la persona che poteva essere, un vero talento nello stare con le persone e nell’orientarsi a capire quale strada per il cliente fosse praticabile e quale no. Fiducia nel terapeuta, sentirsi compresi, indipendenza, rispetto: sono concetti disponibili all’immediata comprensione di chiunque, tuttavia sottoposti a rigorosa ricerca e distillati da questa come un vero estratto concentrato, il principio attivo di una “relazione di aiuto” che aiuta veramente il suo destinatario.

Tendenza attualizzate

Secondo Rogers ogni modificazione della personalità nel corso della terapia è determinata da quella che lui chiama “tendenza attualizzante”, una forza di base presente in ogni persona che sarebbe all’origine del suo sviluppo. Questa convinzione, rafforzatasi in lui negli anni, è supportata da studi su ciò che motiva nel senso più profondo il comportamento di ogni organismo vivente.

“Solo dopo essermi sforzato di definire la mia teoria mi accorsi che esistono delle ricerche in biologia che appoggiano il concetto di tendenza attualizzante. Una fra queste, ripetuta con specie diverse, è la ricerca compiuta da Driesch vari anni fa sui ricci di mare, e citata da Bertalanffy.”

Rogers C., La terapia centrata sul cliente, Giunti, 2013, pag. 283

Con la suggestiva descrizione di un’alga che resiste ai ripetuti attacchi alla sua integrità da parte degli agenti dell’ambiente con la sola forza della sua tendenza a “diventare l’alga che deve diventare”, Rogers afferma che, in quanto organismi, anche le persone ne siano dotate ma che, per vari motivi, la sua espressione non può avvenire liberamente. Pertanto, terapeutico sarebbe il processo che crea le condizioni affinché questa forza possa operare verso la sua naturale tendenza all’autorealizzazione. Ciò che ci allontana dalla autorealizzazione è che il concetto che abbiamo di noi è condizionato dal nostro bisogno di assicurarci l’approvazione delle persone significative, in primis i genitori, assumendo a tal fine i loro valori come nostri. Questo produce un allontanamento dalla possibilità di autorealizzazione, in quanto saranno i valori di altri a guidarci nel vivere e interpretare la vita. Sarebbe questa la condizione che caratterizza uno dei due estremi del continuum al quale Rogers àncora il processo terapeutico: a un estremo di esso, il cliente non è in grado di vivere l’esperienza come propria, sarà guidato da un Sé inautentico, costruito per compiacere le figure significative al prezzo dell’impossibilità di un contatto autentico con sé stesso; all’altro estremo del continuum sta la persona che è in grado di prendere contatto con la sua vera essenza, di vivere la sua esperienza come autenticamente propria.

Carl Rogers

Il processo psicoterapico, come dicevamo, si svolge sul continuum cui abbiamo accennato, ed è da Rogers descritto in modo molto dettagliato in sette stadi. A proposito di questo dettaglio, non bisogna dimenticare che Rogers era di formazione uno psicologo clinico, un ricercatore e non uno psicoterapeuta e questo lo espose a molte critiche rispetto alla sua decisione di praticare la psicoterapia. Tuttavia anche quando descrive in modo così didascalico i sette stadi del processo di terapia e la scala per misurarlo, lo fa chiarendo ripetutamente che si tratta solo di ipotesi provvisorie e che il processo di ricerca continuamente aperto relativo alla Terapia Centrata sul Cliente potrà, e dovrà, perfezionare le ipotesi esistenti, verificarle continuamente, modificarle e anche sostituirle con nuove ipotesi che la ricerca e l’esperienza avranno valutato come maggiormente significative, corrette, valide.
L’esperienza clinica costituisce per Rogers la principale fonte di conoscenza. Sulla base di questa esperienza formula in modo preciso quelle che sono le condizioni necessarie affinché il processo terapeutico, cioè la modificazione costruttiva della personalità, possa avvenire. Tra queste condizioni ci sono gli atteggiamenti che il terapeuta deve avere nella relazione con il cliente: congruenza – la corrispondenza tra il come ci si sente e quello che si dice e si fa – considerazione positiva incondizionata del cliente, comprensione empatica, sforzo nel comunicare al cliente la sua autenticità nell’avere questi atteggiamenti nei suoi confronti. L’ipotesi alla base della sua ricerca è che “[…] uno sviluppo costruttivo della personalità si ha solo quando il cliente coglie e sperimenta una certa atmosfera psicologica nel rapporto. Le condizioni che creano questa atmosfera non sono la cultura, la preparazione intellettuale, l’orientamento ideologico o le tecniche. Sono sentimenti o atteggiamenti che devono essere vissuti dal terapeuta e percepiti dal cliente.” L’accento è posto sulle qualità umane del terapeuta più che sulla sua preparazione, nel senso che solo le prime possono garantire il clima di cui la terapia centrata sul cliente ha bisogno per esprimere la sua efficacia.
Roges allarga poi il suo discorso affrontando il tema dei valori che, in genere, gli adulti tendono a mutuare da istanze esterne ma considerandoli come di loro proprietà. “Se ha assunto dalla comunità il concetto che il denaro è il ‘summum bonum’ e dalla chiesa il concetto che l’amore del prossimo è il valore più alto, non ha modo di scoprire cosa sia, per lui, più importante. […] ha perduto il contatto col proprio processo di valutazione […] Assumendo i punti di vista degli altri come nostri perdiamo contatto con la saggezza potenziale del nostro organismo […] e ciò spiega gran parte dell’insicurezza e della tensione moderna.” Rogers apre il respiro della sua teoria alla concezione dei valori moderni, affermando che, se l’uomo potrà riappropriarsi della capacità di entrare in contatto con se stesso e con il suo naturale processo organismico di valutazione, ciò a cui tenderà, se apprezzato e libero, sarà nel senso del suo e altrui sviluppo e sopravvivenza. “Non succede, in tale clima di libertà, che una persona giunga a dar valore, per esempio, alla frode, al delitto, alla malafede mentre un altro dà valore a una vita di abnegazione e un altro solamente al denaro. Sembra invece che si possano trovare delle profonde caratteristiche comuni.”
La fiducia che Rogers attribuisce alla persona, con queste ultime affermazioni, si estende a tutto il genere umano. Ciò che ai miei occhi lo rende unico è il fatto che abbia dedicato il lavoro di una vita guidato da questa fiducia, elaborando un pensiero sul problema dell’universalità dei valori, cercandola all’interno dell’uomo e non in un sistema esterno a lui dando a ciò – e questa è la sua particolarità – evidenza scientifica, creando così uno straordinario ponte tra gli approcci tipici della cultura occidentale e orientale. Credo che in particolare questo aspetto, che lo porta nell’ultima parte della sua vita alla fondazione del Institute of Peace per lo studio e la risoluzione dei conflitti, abbia contribuito, nel 1987 poco prima di morire, alla sua candidatura al premio Nobel per la pace.

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