È da un pezzo che la memoria, da sola, non basta più. Il passato, quel passato che con la memoria si vuol veicolare, può essere di qualche utilità – di quell’utilità in senso popolare e diffusamente evocata – solo se viene proiettato nel futuro. Infatti, se la memoria si ferma nel presente e scarica lì il suo passeggero, c’è il rischio che questo faccia la fine che di questi tempi tocca alla maggior parte delle “mercanzie”: viene consumato seduta stante in loco e “avanti un altro”. Certo con la memoria, per fortuna, il passato lo possiamo andare a riprendere tutte le volte che vogliamo, ma fino a quando? E soprattutto, a che pro? Per fargli prendere una boccata di presente finché nuovamente non verrà consumato?

Il passato che, rievocato, si limita a rimanere nel presente e non viene proiettato nel futuro è destinato a perdere la sua forza propulsiva e vitale.

Si sente spesso dire che i ragazzi hanno “bisogno” – a loro insaputa, aggiungo – della memoria e questa convinzione, altrettanto spesso, viene comunicata dagli adulti con un rimprovero, in modo anche vagamente minaccioso: “Attenzione, se non ascolti la memoria finirai male!”. La “mia” memoria, bisognerebbe specificare. Beh, troppo facile avere l’attenzione di qualcuno minacciandolo. Anche un po’ scorretto, autoreferenziale, sterile e mi fermo qui.

Così, dal mio punto di vista, noi adulti non dobbiamo ammonire i nostri ragazzi se non sono interessati al nostro passato bensì, se attribuiamo a esso un certo valore di utilità per loro, abbiamo l’obbligo di offrirgli l’opportunità di trovare “oggi” qualcosa che abbia per loro lo stesso significato, lo stesso “peso” che ha avuto per noi “ieri”. Qualcosa che, come successe a noi, faccia nascere in loro la speranza di avere un futuro e allontani il timore di non poterne avere uno.

Perché questo avvenga, una cosa possiamo fare, noi adulti: possiamo cedere loro il passo, possiamo fare loro spazio e, prima di pretendere attenzione per il nostro passato, possiamo donare loro il nostro presente, quella parte di presente che legittimamente gli spetta, quel presente di cui noi adulti ci siamo impossessati completamente e avidamente, a cui ci siamo attaccati come se dovessimo vivere per sempre. Ed è proprio in questo dono, in questa condivisione, in questa redistribuzione che i nostri ragazzi potranno incontrare la nostra memoria, carica del nostro passato, in una forma che consentirà loro di interiorizzarla, di farla propria e di portarla finalmente, utilmente ed efficacemente oltre il nostro tempo che, come troppo spesso facciamo finta di non sapere, finirà molto prima del loro.